EBOLA, MA NON SOLO !

MALATTIE INFETTIVE EMERGENTI E RIEMERGENTI IN UN  MONDO IN RAPIDO CAMBIAMENTO
di Fernando Aiuti

Prof. Fernando Aiuti

Prof. Fernando Aiuti
Professore Emerito e Docente di Malattie Infettive e Immunologia Clinica, Sapienza, Università degli Studi di Roma


Introduzione
La comparsa di epidemie causate da vari microrganismi non è un fatto nuovo. Nel corso dei secoli le pandemie di peste, colera, febbre tifoide e vaiolo hanno modificato la situazione politica ed economica delle nazioni , hanno talora deciso l’esito delle guerre o hanno influito sulle carestie causando trasmigrazioni di interi popoli dalle loro terre.
Negli ultimi decenni sono avvenute mutazioni ambientali, climatiche, economiche ed igienico-sanitarie in grado di modificare o di fare scomparire alcune malattie infettive, come il vaiolo. Un ruolo fondamentale è stato svolto dalla medicina con le norme igieniche, la scoperta di vaccini, di antibiotici ed antivirali. Alla fine del XX secolo ci si attendeva la scomparsa delle epidemie causate da malattie infettive.
Purtroppo questa ipotesi non è stata confermata poichè sono riemerse vecchie patologie,
come l’influenza e nuove malattie causate da virus rimasti per secoli silenti in zone quasi disabitate del mondo ,come nel caso dell’ infezione dal virus della immunodeficienza acquisita (HIV), causa dell’AIDS o dei virus africani come i virus Ebola, Lassa e Marburg.
I rapporti tra microrganismi ed altre specie biologiche, come i primati, sono stati sempre condizionati dall’ eterna lotta delle specie per la sopravvivenza secondo la legge darwiniana. In natura non prevale il più forte, ma l’organismo che sa meglio adattarsi alle nuove situazioni. Anche la replicazione dei virus è soggetta a queste regole per cui nella replicazione avvengono continue mutazioni del patrimonio genetico in grado di produrre nuovi tipi o ceppi virali con una forte penetranza e forti fenomeni di adattamento alla situazione ambientale. I virus sanno che se uccidono tutti i loro ospiti finirebbero per sopprimere loro stessi, quindi quando un virus uccide poco si diffonde di più e riesce sopravvivere a lungo ed a diffondersi(vedi caso del virus HIV).
 

Le epidemie alla fine del secolo XX
Agli inizi del 900 grazie alla scoperta dei vaccini, delle norme di prevenzione, le epidemie che avevano colpito tutto il mondo per vari secoli sono quasi scomparse. Mi riferisco al vaiolo, alla peste, al colera, alla febbre gialla , alla poliomielite. Altre infezioni come la malaria e la tubercolosi purtroppo continuano a mietere vittime perché non sono stati trovati vaccini efficaci.
Negli ultimi 40 anni ci sono state piccole epidemie di infezioni virali in alcune regioni del mondo, specie in Africa ed in America, finora controllate, che hanno causato morti e paure in alcune popolazioni colpite .Tra queste ricordiamo il Nipha virus, il Virus del West Nile, la febbre della Rift Valley o il Chikungunya. Quest’ultimo virus tre anni orsono è arrivato anche nella regione Emilia Romagna e nel basso Veneto causando numerose infezioni nella zona. Questo virus è trasmesso dalle zanzare e può essere anche causa di infezioni letali. In realtà l’organizzazione sanitaria locale, il regime efficace delle regioni rosse e i sistemi di sorveglianza ma anche una certa attenzione ad evitare allarmi che avrebbero potuto creare la fuga dei turisti sono riusciti per ora a minimizzare il fenomeno.
Dagli anni 50 in poi sono state segnalate nell’africa equatoriale gravi infezioni virali originate da animali come pipistrelli, roditori, antilopi e scimmie causa di gravi patologie febbrili emorragiche come l’Ebola, la febbre di Lassa e l’infezione da virus di Marburg. Fortunatamente le misure di profilassi e di quarantena finora avevano circoscritto queste mini-epidemie locali, ma poi quest’anno come vedremo nelle pagine seguenti il virus Ebola si è diffuso anche nelle città africane.
All’inizio degli anni 80 si è sviluppata l’epidemia dell’AIDS che in una prima fase ha colpito omosessuali e tossicodipendenti, poi si è diffusa a bambini ed eterosessuali. In tre anni si è scoperto che la causa della malattia è l’HIV, un retrovirus in grado di indurre un deficit del sistema immunitario nelle persone infettate. Anche questo virus è originato dall’Africa e si è poi diffuso in tutto il mondo per le trasmigrazioni di popolazioni dal continente nero, per la colonizzazione, le guerre, il cattivo uso di alcuni presidi sanitari come le siringhe, il sangue contaminato, l’aumento della promiscuità sessuale e l’uso di droghe per via iniettiva. Grazie alla messa a punto di test per la ricerca di anticorpi e del virus, oggi è possibile fare una diagnosi precisa. Il sangue ed i derivati del sangue sono sicuri, perché viene sempre effettuato il controllo dei donatori . Non abbiamo ancora il vaccino efficace contro l’AIDS, né la guarigione, ma sono a disposizione farmaci antivirali in grado di assicurare una vita quasi normale alle persone infette. Purtroppo a causa delle carenze economiche questi farmaci non sono sempre a disposizione dei malati nei paesi meno sviluppati e quindi le conseguenze della malattia sono ancora gravissime.
 
Le epidemie del XXI secolo
All’inizio di questo secolo si sono affacciate altre nuove epidemie. Nel 2002 a Guangdong, in Cina, furono osservati i primi casi di persone affette da una sindrome respiratoria acuta grave (SARS) causa del 50 % di morti nelle persone colpite. Nel 2003 l’infezione si diffuse anche in altre paesi asiatici ed un medico italiano il dott. Carlo Urbani inviato dal’OMS per scoprire la causa della malattia contrasse l’infezione e morì. E’ un soldato italiano morto sul campo e non è stato abbastanza onorato dal Governo per ciò che ha fatto.
Dopo poche settimane si scoprì che la SARS era causata da un nuovo coronavirus in grado di trasmettersi per via aerea e di causare polmoniti gravi. Questa infezione è stata controllata esclusivamente dalle misure di profilassi come la quarantena adottate dai vari governi . Infatti dopo sei mesi non si sono più registrati casi di SARS nel mondo.
All’inizio degli anni 2000 si è diffuso un nuovo tipo di virus influenzale presente negli uccelli selvatici e trans migratori, come le anatre, che ha infettato anche i polli in allevamenti ad alta intensità con uccisione di migliaia di animali. Il virus della influenza Aviaria A (H5 N1) è riuscito anche ad infettare alcune persone che vivono a stretto contatto con uccelli e polli riproponendo il problema della promiscuità e scarse condizioni igieniche tra uomo e specie animali. Il virus dell’aviaria ha ancora una scarsa capacità di essere trasmesso da uomo a uomo in quanto nella sua evoluzione biologica non è ancora riuscito modificarsi in modo tale da contagiare l’uomo. Tuttavia è molto pericoloso perché finora la letalità raggiunge il 50 % dei casi. Alla data del 31 agosto 2014 sono stati registrati alcune centinaia di casi di influenza aviaria con numerosi decessi (fonte OMS) rilevati in 15 Paesi diversi specie asiatici e recentemente anche in Egitto. Si sta preparando un vaccino contro questo virus ed alcuni antivirali possono essere efficaci se presi in tempo per evitare le complicanze. Ma ora la diffusione sembra essere arrestata. Ma se questo virus mutasse rapidamente e divenisse facilmente diffusibile nell’uomo potrebbe essere una vera catastrofe.
Altri virus influenzali endemici nella specie umana
Le mutazioni dei virus influenzali possono essere modeste e quindi in grado di replicarsi solo in una parte della popolazione che non presenta gli anticorpi contro le nuove varianti. Queste sono le cosiddette influenze stagionali che colpiscono ogni anno circa il 5-10 % della popolazione causa di gravi complicanze in soggetti anziani o persone fragili.
Durante il secolo scorso, sono state documentate tre pandemie influenzali causate rispettivamente , dai virus H1N1, H2N2 e H3N2. L’H1N1, che è stato “recuperato”dai resti di soggetti sepolti in regioni artiche, comparve nel 1918 dando origine ad una pandemia disastrosa, “la spagnola” che provocò 40 milioni di morti. Poi la gravità dell’infezione si andò attenuando negli anni successivi fino al 1957 con l’arrivo dell’ asiatica e poi nel1968, anno di comparsa del nuovo virus H3N2 “Hong Kong” che è ancora oggi prevalente.
La nuova influenza “suina” A (H1N1)
Nel marzo 2009, in Messico sono stati segnalati i primi casi di influenza che assunsero ben presto un andamento epidemico. In poche settimane la nuova epidemia si è estesa in U.S.A, poi in Canada ed in Europa e nel luglio l’OMS ha dichiarato lo stato della pandemia in quanto quasi tutti i Paesi del mondo sono stati colpiti. Poi grazie alle misure di profilassi e al vaccino preparato in tempi rapidi l’epidemia da H1N1 ha creato molti meno morti del previsto e poi si è arrestata nel marzo 2010. Oggi questo virus recircola come altri ceppi ma senza creare più vere pandemie.
Nel 2013 sono stati anche segnalati in Paesi della penisola arabica nuovi casi di infezione respiratoria acuta causata da un coronavirus simile a quello della SARS . Fortunatamente questa piccola epidemia è stata per ora contenuta probabilmente perché le condizioni climatiche di quei paesi sono meno adatte allo sviluppo di malattie infettive contagiose per via aerea come sono quelle da raffreddamento.
 
2014 : DIFFUSIONE DEL VIRUS EBOLA
Come sopra riportato questo virus è stato scoperto in alcune zone dell’africa equatoriale nel 1976 dal medico tropicalista Pier Piot. In queste zone il virus è rimasto per decenni specie in alcuni villaggi, ma non si è mai diffuso nelle città anche per l’opera di sorveglianza e di misure profilattiche adottate in questi anni.
Ma nel marzo c.a. i casi dai villaggi della Guinea si sono diffusi rapidamente nelle città e poi nei paesi vicini come la Liberia e La Sierra Leone. L’epidemia è stata sottovalutata ed ora siamo alle soglie di una pandemia.
Allo stato attuale (13 ottobre 2014) l’epidemia da virus Ebola ha infettato oltre 8.000 persone causando circa 4000 morti e quindi è una delle malattie infettive con più elevata letalità, forse solo preceduta dal vaiolo umano, ora estinto.
L’infezione si trasmette per contatto diretto attraverso i fluidi biologici, sangue, saliva, vomito, lacrime, escreato (se presente) e feci. Sembra che il contatto per via aerea, caratteristica via di trasmissione dell’influenza, sia escluso anche se questa infezione è stata negli ultimi mesi estremamente contagiosa nei rapporti umani. Le misure igienico-sanitarie sono fondamentali per bloccare questa epidemia.
La malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione di 1-3 settimane con febbre elevata, dolori muscolari, articolari , cefalea e forte vomito con diarrea persistente che se non trattata porta alla disidratazione, perdita di minerali e poi a shock. In alcuni casi si associano manifestazioni emorragiche gravi alla cute, mucose e emorragie interne. Nelle persone che superano l’infezione si formano anticorpi specifici che danno una immunità che persiste per anni o come per alcune gravi malattie infettive virali per l’intera vita. Per questo motivo si sta pensando di utilizzare il sangue di questi individui guariti per estrarre anticorpi anti-ebola per poi trasfonderli a persone con malattia in atto.
Le conseguenze di una diffusione internazionale dell’infezione non sono irrealistiche e potrebbero mettere a rischio altre nazioni non africane. E’ pertanto fondamentale istituire misure intense preventive negli Stati colpiti, blocchi di linee aeree da quei paesi e blocchi alle frontiere degli stati contigui a quelli finora prevalentemente colpiti : Sierra Leone,Guinea e Liberia . Infatti la Nigeria che è stata colpita finora con pochi casi, da alcune settimane è riuscita ad evitare altre infezioni con misure molto drastiche di blocchi alle frontiere.
A mio avviso non sono sufficienti le misure attuali che consistono nel controllare la febbre negli aeroporti di arrivo dai vari voli perché nelle prime ore di incubazione dell’ infezione la febbre può essere assente. Nè credo che l’Italia si debba sentire più tranquilla perché non ha voli diretti con quei paesi africani. I voli in collegamento tra le varie città del mondo sono infiniti . Bisogna bloccare l’infezione nei paesi africani e limitare tutti i viaggi aerei solo alle esigenze indispensabili della popolazione (aiuti sanitari,alimentari). Le persone non dovrebbero recarsi in questo periodo a trovare i parenti in questi paesi e bisogna bloccare l’emigrazione anche attraverso i militari.
Purtroppo il virus non è più confinato nei villaggi isolati della foresta equatoriale, ma si è diffuso nelle tre capitali e quindi l’epidemia è più facilmente trasmissibile. Sono oggi in piena epidemia le capitali: Conakry (Guinea), Monrovia (Liberia) e Freetown (Sierra Leone). L’infezione in questi paesi si è diffusa anche nel personale sanitario (400 persone infettate) e 200 persone tra medici e infermieri morti.
Bisogna che gli stati colpiti siano subito aiutati con invio di personale esperto sanitario e forse di polizia internazionali per evitare il panico della popolazione ed il mancato rispetto delle misure preventive. Occorre un intervento di educazione sanitaria che spieghi alle popolazioni il pericolo di essere a contatto con i malati, i morti e con tutto il materiale potenzialmente contaminato.
Gli stati colpiti devono accettare gli aiuti internazionali e devono evitare assembramenti di folle, frequentazioni di luoghi affollati, specie chiusi. Ci dovrebbe essere un forza unica internazionale che coordina le iniziative, mentre al momento sembrano essercene tre: OMS,USA e gli stati Europei.
Queste iniziative dovrebbero mirare a controllare le infezioni, eseguire diagnosi precoci, risalire ai contatti dei malati e fare iniziative locali coordinate. La popolazione deve essere informata che solo con questi controlli ed aiuti potrà bloccare l’epidemia .
E’ fondamentale l’invio di materiale di supporto sanitario incluse tute protettive, maschere ermetiche a virus, guanti e materiale sanitario per assistenza ai malati gravi. Ove serve bisogna creare unità mobili quali ospedali da campo ad elevato isolamento e con personale addestrato. Se necessario bisogna adottare le misure di quarantena, come si usava nelle vecchie epidemie ed in questo caso accorciare la quarantena a 21 giorni massimo periodo di incubazione dell’infezione.
I casi sospetti e quelli malati devono essere immediatamente isolati e la diagnosi deve essere fatta entro 48 ore dalla prima osservazione.
Le gente dei paesi colpiti sta aspettando, è impaurita ed è arrabbiata! Questa è la situazione descritta dagli inviati dei vari giornali e mass media.
In particolare il personale sanitario locale più esposto come quelli appartenenti della CRI internazionale sono molto preoccupati a causa dei loro colleghi già morti o ammalatisi per assistenza ad alto rischio.
L’epidemia da Ebola è stata controllata per anni, dal 1976 anno della prima descrizione, perché era limitata ai piccoli villaggi africani, ove era facile impedire i nuovi contatti, assistere i pochi malati e evitare fughe di popolazioni. Ora che sono colpite le grandi città, contenere l’epidemia è molto difficile . Ci sono anche stati alcuni casi esportati in USA e Spagna ed altri sospetti in Brasile. Quindi l’epidemia non è solo più un problema africano. Da un lato questo è un male, ma sotto il profilo degli aiuti è probabile che ora gli sforzi internazionali saranno più efficaci e rapidi perché la paura si sta diffondendo anche da noi. I 50 morti che ci sono ogni giorno e il probabile numero di 100 nuove infezioni locali sono un fatto molto grave.
Certo alcuni epidemiologi minimizzano e ci dicono che in confronto ai milioni casi di AIDS,TBC o malaria il numero di Ebola è ancora molto basso. Ma se le stime più pessimistiche del CDC di Atlanta di un raddoppio dei casi ogni venti giorni si dovessero verificare, a fine gennaio 2015 in Serra Leone, Liberia e Guinea si potrebbero raggiungere complessivamente circa 1,5 milioni di casi. Ma anche se i colpiti dovessero essere al minimo delle previsioni cioè 200.000 il problema potrebbe essere egualmente serio. E’ comunque certo che alla fine di Novembre si conteranno circa 20.000 casi cumulativi e 10.000 morti. La stima di crescita nei tre maggiori paesi colpiti varia da 1,71 nella Guinea, 1,83 per la Liberia e 2,02 per la Sierra Leone e il numero dei casi raddoppierà in questi stati da un minimo di 15 giorni a un massimo di 30, salvo misure preventive eccezionali che finora sono mancate.
Oltre ai problemi medici ci sono e diventeranno ancora più gravi quelli economici e sociali, aumentando le attuali difficoltà. La crescita del PIL in Liberia era del 6.8 % nel 2013, ma scenderà a meno 4,9 nel 2014, secondo le stime della Banca Mondiale. Cifre analoghe sono previste per Guinea e Sierra Leone e non è escluso che anche la Nigeria ne potrà risentire negativamente ancorchè poco colpita finora. Immaginate che già le scuole sono chiuse da settimane e i giovani non saranno educati per mesi. Il mercato scenderà del 15% con una disoccupazione drammatica.
Stiamo ancora una volta pagando il costo di una sottostima dei governi locali, ma anche delle organizzazioni internazionali come OMS. Quando a marzo di questo anno ci furono i primi casi segnalati di Ebola in un villaggio sperduto della Guinea, non furono adottate le adeguate misure preventive. Così in 7 mesi l’epidemia si è diffusa in modo esponenziale, mentre con adeguate misure si poteva controllare come era stato fatto negli anni passati. Oggi si palleggiano le responsabilità tra OMS e stati locali, come al solito. Finalmente Barack Obama si è mosso perché ha capito che l’epidemia potrebbe arrivare anche in USA.
Gli stati africani iniziano ad essere aiutati, servono almeno 5000 posti letto nuovi di isolamento, 600 medici e 2000 infermieri e personale sanitario specializzato inclusi tecnici di laboratorio. Le città sono ogni giorno disinfestate con varechina ma non basta, il terrore si sta espandendo come nella peste bubbonica dei secoli scorsi descritta dal Manzoni. Il paragone non è molto atipico perché la letalità dell’ebola oggi è simile a quella della peste.
Come abbiamo accennato le terapie sono finora sintomatiche e poco efficaci. Il siero dei convalescenti ipotizzato come fonte di anticorpi anti-ebola, non sarebbe per ora sufficiente a trattare i malati. Perciò si stanno preparando anticorpi monoclonali in vitro diretti contro il virus in grado di essere trasfusi in malati. Ma ci vogliono tempo ed investimenti ingenti.
La strada del vaccino la vedo più lunga.
Al momento ci sono due vaccini candidati: il cAd3-EBOV (cAd3), della GlaxoSmithKline (GSK) preparato a Pomezia e presso l’U.S.A National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), ed il vaccino rVSV?G-EBOV-GP (rVSV), della NewLink Genetics and Public Health Agency of Canada. La fase negli animali è terminata con discreto successo, ma la fase I solo ora sta per iniziare nell’uomo e ci vorranno almeno sei mesi per completarla ed altri tre per avere i risultati. Poi per la fase II ci vorrà un altro anno. Si potrebbero accelerare i tempi ammesso che il vaccino funzioni. A mio avviso saltare le fasi di sperimentazione è sempre rischioso, perché ci potrebbero essere effetti collaterali che sui grandi numeri potrebbero essere disastrosi. Comunque prima di due anni è impensabile una produzione di un vaccino in larga scala per potere immunizzare milioni di persone africane. Mentre vedo più facile l’approccio di vaccinare prima il personale sanitario che dovrebbe avere la priorità su tutti per ovvi motivi di assicurare l’assistenza alla popolazione generale.
Ma ora faccio una amara considerazione o meglio una accusa al sistema internazionale delle multinazionali e perché no, anche ai vari Stati ed alla comunità scientifica.
Questo virus è stato scoperto, isolato e tipizzato dal dr. Peter Piot, direttore della Scuola di Igiene e Malattie Tropicali di Londra nel 1976. Orbene dopo quasi 40 anni sono state fatte poche ricerche e sono stati dati pochi investimenti per trovare farmaci o vaccini in grado di contrastare il virus. Perché?
Una delle risposte potrebbe essere le difficoltà tecniche che non hanno permesso di produrre vaccini efficaci. Certo è possibile, nemmeno per la sifilide o TBC ci sono vaccini ancora oggi efficaci. Ma sono finora stati fatti tentativi consistenti? Oppure le multinazionali non hanno investito perché non ci sarebbe stato un mercato? Le varie nazioni all’avanguardia ed i ricercatori hanno messo risorse adeguate? Secondo me no, altrimenti i progressi raggiunti in pochi mesi si potevano raggiungere prima. E’ vero i ricercatori devono essere liberi di fare la ricerca nei settori che preferiscono, ma alcuni bandi internazionali su questi temi potevano essere fatti e finanziati. Se questo fosse stato fatto, forse oggi avremmo una terapia o un vaccino disponibile contro Ebola. La scoperta degli anticorpi monoclonali risale a oltre 20 anni fa e i farmaci a base di anticorpi per le varie malattie si stanno producendo da oltre 15 anni, ma nessuno ha pensato a preparare quelli contro Ebola. Finora sono mancate le varie Nazioni sviluppate, i ricercatori e le multinazionali. Facile la risposta: pochi casi di malati, poco guadagno e una infezione endemica confinata per anni solo in paesi poveri. Questa è l’amara verità. Oggi gli aiuti vengono dai Paesi sviluppati solo per paura di essere invasi dal virus. Speriamo che lo scenario apocalittico descritto nel film di Wolfgang Petersen del 1995 interpretato magistralmente da Dustin Hoffman “Virus letale“ non si avveri.
Questa lezione serva a tutti almeno per evitare che un caso simile si possa verificare in un prossimo futuro con altri virus finora orfani.
 
Fernando Aiuti
Professore Emerito e Docente di Malattie Infettive e Immunologia Clinica, Sapienza, Università degli Studi di Roma
Ringraziamo il Prof. Aiuti, Scienziato e immunologo di livello internazionale, per aver risposto positivamente alla richiesta di scrivere un articolo divulgativo sul virus Ebola. Un virus che sta tenendo in apprenzione l’intera comunità mondiale.
L’articolo, o parte di esso, può essere liberamente prelevato da chiunque con l’obbligo nel caso di pubblicazione su quotidiani, settimanali, mensili, blog, social network, ecc. di indicarne l’autore e riportare l’indicazione del sito di origine (www.adirc.roma.it) dal quale è stato prelevato.